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La prima fotografia

L’immagine per quanto possa essere sgranata e priva di ogni significato estetico, ha la sua particolarità di essere la prima fotografia al mondo: nel 1827 Joseph Nicéphore Nièpce la realizzò osservando il panorama dalla finestra di una casa a Le Gras in Borgogna (altre fonti riportano che il paese fosse Saint-Loup de Varenne).
La tecnologia di allora
Per il suo esperimento Niépce utilizzò una lastra di peltro coperta da Bitume di Giudea preventivamente sciolto in olio di lavanda.
In seguito la lastra venne esposta al sole per otto ore dopodiché lavato con trementina e olio di lavanda: questa tecnica inventata da Niépce non era altro che l’eliografia.
La prima fotografia venne donata da Niépce a Francis Bauer, progettista di giardini e membro della Royal Society che, in questa veste di socio, tentò di interessare la Royal Society nei riguardi dell’invenzione del suo amico senza però ottenere nessun risultato.
Nel 1952, in Inghilterra, lo storico della fotografia Helmut Gersheim ritrovò fortuitamente l’immagine per consegnarla alla storia come il primo risultato di una riproduzione di un paesaggio che non fosse pittorica.
Quando per la pubblicità si fumava
I pubblicitari una volta vendevano fumo.
Questo quando l’Uomo Marlboro incarnava l’ideale maschile raffigurato dal volto di un cowboy incorniciato dallo Stetson d’ordinanza e immancabili baffi (l’epilogo tragico dell’icona vivente fu quella di morire per un tumore ai polmoni).
Il contesto è, però, la società degli anni ’60 ancora lontani dal regime salutista di oggi: allora, per sedurre, occorreva oltre che al veleno del tabacco anche quello inebriante dell’alcool (come non pensare ai primi James Bond interpretati da Sean Connery con l’immancabile Martini & Vodka).
I pubblicitari, comunque, facevano il loro mestiere, e lo facevano anche molto bene dando ampio sfogo alla loro creatività realizzando manifesti che, in alcuni casi, sono autentici capolavori dell’arte grafica.
Jim Heimann antropologo culturale e storico dell’arte grafica, Allison Silver scrittrice e Steven Heller autore di 120 libri dedicati alla graphic design, si sono riunti per dare vita al libro 20th century. Alcohol & tobacco (Taschen, pp 570, euro 30) con un’ampia raccolta dei manifesti più famosi del XX secolo.
Consumare con moderazione. Come vendere i più piacevoli vizi o virtù: alcol e tabacco diventano, nelle mani dei pubblicitari, una vera festa per gli occhi. Questa lussuosa raccolta di annunci pubblicitari mostra come la rappresentazione di questi prodotti possa spaziare dall’eleganza all’anticonformismo, rivelando il modo in cui le industrie hanno invogliato i loro clienti a bere e a fumare durante tutto il XX secolo. Le tendenze di ogni momento in materia di alcol e fumo sono immortalate con esuberanza, pagina dopo pagina, attraverso le immagini di brand profondamente radicati nella cultura popolare americana: praticamente chiunque saprebbe riconoscere marchi iconici come Marlboro Man o Spuds MacKenzie, divenuti ormai così familiari da poter apparire nelle pubblicità anche senza l’immagine del prodotto. Altri pubblicitari hanno ideato astuti approcci subliminali per vendere i loro articoli, come conferma lo strepitoso successo della campagna Absolut. Persino alcuni medici contribuirono a una perversa propaganda, dichiarando che il fumo calma i nervi e dà sollievo alla gola, o lodando il liquore come magico elisir capace di donare popolarità. Sia che godiate nel crogiolarvi in simili piaceri proibiti, o che preferiate assaporarli solo con gli occhi, non potrete resistere all’eccitante esplorazione di questo vivace – e a volte controverso capitolo della storia della pubblicità.
La storia globale dell’animazione in un nuovo libro
Quando è iniziate l’arte dell’animazione?
Forse nel 2.700 a.C. se diamo retta ad una sequenza disegnata ritrovata in un calice in un sito archeologico della provincia del Belucistan.
Certo, questa rimane solo una supposizione, allora ripetiamo la domanda: Quando è iniziata l’arte dell’animazione?
A darci una mano nel fornire una risposta quanto più esatta è la monumentale opera (si tratta di 1.780 pagine ) scritta da Giannalberto Bendazzi, storico del cinema specializzato in quello d’animazione, dal titolo Animazione – una storia globale.
Presentazione del libro
Monumentale” è la sola parola adatta a descrivere questa esaustiva storia dell’animazione mondiale.» – Leonard Maltin «Questo è forse il libro definitivo sulla storia dell’animazione? No, non potrà mai esistere una cosa simile. Però ci va dannatamente vicino.» – Jerry Beck Tre secoli di animazione, una storia planetaria. La definitiva cartografi a di quel vasto mondo che ormai, con il successo di colossi come Pixar e Dreamworks e la diffusione del 3D e degli effe tti speciali digitali, sembra diventato il paradigma del cinema contemporaneo. Giannalberto Bendazzi ricostruisce la storia dell’animazione a partire dalle origini – flipbook (i popolari libre tti che si animavano sfogliandoli), lanterne magiche, teatro d’ombre, fuochi d’artificio… – fino alle ultime evoluzioni, digitali e di massa; ci guida alla scoperta del cinema d’animazione in tu tto il mondo, dalla Russia all’America Latina, dall’Africa all’Asia, dal Giappone agli Stati Uniti; e presenta al grande pubblico tutta una schiera di artisti finora poco conosciuti, che meritano un posto a fianco dei celeberrimi Walt Disney, Miyazaki Hayao, Bruno Bozzetto, Osvaldo Cavandoli, Tex Avery, Hanna & Barbera, John Lasseter. Nel primo volume viene tracciata l’avventura di una cinematografia che, accanto ai successi americani ed europei, contò già opere notevoli in Argentina, Sudafrica e Giappone, e che concluse la sua fase storica con la caduta dell’impero sovietico nel 1991. Nel secondo volume il lettore troverà un giro del mondo contemporaneo, un reportage sull’animazione dei paesi meno immaginabili, dalla Mongolia all’isola caraibica di Saint Lucia.
Il volume (edito dalla Utet) è venduto nel formato cartaceo al prezzo di 65 euro, in quello digitale su Amazon a 19,99 euro.
Anteprima del libro
Romano Cagnoni: il fotografo che fece sorridere Ho Chi Minh

Eccola l’immagine che consacrò Romano Cagnoni (Pietrasanta, 9 novembre 1935 – Pietrasanta 30 gennaio 2018): la storia, o semplice aneddoto, dice che Ho Chi Minh rivolgendosi al giovane fotoreporter italiano (siamo nel 1966 e Romano Cagnoni ha trentuno anni) gli disse:
Lei è un ottimista e l’ottimismo fa il buon rivoluzionario. Fotografi pure.
Lo disse scoppiando in una risata accompagnata da quella del suo braccio destro Pham Van Dong: l’immagine di entrambi, sorridenti e rilassati, finì sulla copertina del numero di Life del 14 gennaio 1966.
Da quel momento in poi Romano Cagnoni verrà considerato come uno dei maggiori fotoreporter italiani del Novecento: lui, che a ventitré anni aveva lasciato Pietrasanta per Londra, dove l’incontro con Simon Guttmann gli permise di entrare nelle maggiori redazioni dell’epoca quali il Times, l’Observer, il New York Times il Guardian, mentre in Italia lavorò per L’Espresso e Epoca.
NYsferatu – Symphony of a Century: Nosferatu a New York

Nel 1922 il regista tedesco Friedrich Wilhelm Murnau (pseudonimo di Friedrich Wilhelm Plumpe) si ritrovò ad essere, suo malgrado, protagonista di una vicenda giudiziaria riguardante i diritti d’autore su di un famosissimo romanzo capostipite del genere horror: Dracula di Bram Stoker.
Murnau aveva girato il film Nosferatu, eine Symphonie des Grauens (Nosferatu il vampiro) ispirandosi al romanzo di Bram Stoker, pur cambiando i nomi dei protagonisti e i luoghi che facevano da sfondo alla storia: questo non bastò alla vedova dello scrittore irlandese per dare mandato ai suoi avvocati e trascinare il povero Murnau in tribunale per i mancati diritti d’autore.
Il verdetto dei giudici fu implacabile: Murnau venne condannato a distruggere tutte le copie del film.
Murnau obbedì in parte, perché ne conservò una copia ed è quella per cui oggi conosciamo questo capolavoro del cinema espressionista.
2017: Nosferatu il vampiro rivive cambiando ambientazione (la storia si dipana tra la città di Aleppo in Siria e New York) e stile diventando quello di più simile ad un film d’animazione, infine il titolo: NYsferatu – Symphony of a Century.
Ad operare questa metamorfosi è stato l’artista italiano Andrea Mastrovito il quale, coadiuvato da un team internazionale di collaboratori, ha ripreso la pellicola disegnandone con la grafite, frame su frame, ogni secondo ma, nello stesso tempo, cambiando i fondali che sono quelli, per l’appunto, di Aleppo e New York, con un lavoro durato ben oltre tre anni e 35mila disegni per un’ora di filmato.
La prima di NYsferatu – Symphony of a Century si è avuta il 14 agosto del 2017 all’Hudson River Park, mentre in Italia è stato presentato nell’ottobre dello stesso anno durante un evento speciale inserito nella Festa del Cinema a Roma.
Un’italiana vincitrice del Silent Manga Audition
La casa editrice giapponese Coamix, specializzata nei fumetti Manga, ogni anno indice il premio internazionale Silent Manga Audition per le migliori opere manga mute.
L”ultima edizione 2017 ha visto vincitrice l’italiana Elena Vitagliano con il racconto Cruelest Rule
Elena Vitagliano si era già classificata nell’edizione precedente del premio, insieme a lei anche i fumettisti italiani Adriano Barone e Massimo Dall’Oglio.
Nell’edizione 2017 gli italiani Hagane Ishi (pseudonimo di Adriano Barone e Massimo Dall’Oglio), Redjet, Sam Shiro (anche questi pseudonimi di artisti italiani) e Luciano Damiano hanno ottenuto un premio per i loro lavori.
L’Après – midi d’un faune: la riscoperta del balletto attraverso le foto di Adolf de Meyer

Adolf de Meyer (1868 – 1946)
Il 29 maggio 1912, a Parigi, venne messo in scena il balletto L’après – midi d’un faune con una coreografia molto sperimentale per l’epoca di Vaclav Nižinskij.
L’opera a seguito dell’esperimento del coreografo che per il balletto si ispirò alle figure degli antichi vasi greci, ma soprattutto per una mimica finale che raffigurava un atto di autoerotismo, non ebbe fortuna e rimase in repertorio per pochissimi anni, cadde nel dimenticatoio e si pensò che fosse completamente perduto.
Eppure, grazie alla documentazione fotografica di Adolf de Meyer (1868 – 1946), negli anni ottanta la studiosa della danza Ann Hutchinson Guest riuscì a ricostruire tutti i passi dell’opera.
Nel fare questo utilizzò una delle sette copie, ormai rare, del libro fotografico che il francese fece a suo tempo sullo scandaloso balletto (ricordiamoci che la censura era quella dell’anno 1912).
Ad Adolf de Meyer e le sue fotografie, primo fotografo di staff a Vanity Fair, il Metropolitan Museum of Art di New York gli dedica la mostra intitolata Quicksilver brilliance: Adolf de Meyer photographs.
La mostra si concluderà il 18 marzo prossimo.
Il re di Wakanda e il suo sceneggiatore: Ta-Nehisi Coates

Da anni e con ragione, il fumetto non è più considerato un prodotto creativo di serie B: basterebbero le migliaia di pagine scritte sui saggi dedicati ad esso per avvalorarne la tesi.
Inoltre, quando alla matita del fumettista si aggiunge la penna di uno sceneggiatore – scrittore di fama, il sodalizio non può che dare il risultato di un’opera altamente creativa.
E’ il caso di Black Panther della Marvel Comics che, per richiamare all’azione un personaggio offuscato dagli altri supereroi della casa editrice, ha arruolato la persona considerata da Time nel 2016 come uno dei 100 intellettuali più influenti nel mondo: Ta Nehisi Coates
Ta Nehisi Coates (Ta Nehisi è il nome dell’antica Nubia e si pronuncia tanasi) ben si prestò a sceneggiare la storia del re di Wakanda T’Challa, appunto Black Panther , sia perché lui ha sempre amato i fumetti e la sceneggiatura che gli fu offerta non era un’occasione da perdere – ricordiamo che Black Panther uscì per la prima volta nel 1966 creato dal duo Stan Lee e Jack Kirby – ma anche perché lo interessava studiare l’elemento mitologico e quello tecnologico specchio della società americana.
La prima serie di Black Panther sceneggiata da Ta Nehisi Coates ha avuto un notevole successo, tanto che la Marvel decise di affidare allo scrittore una seconda serie.
Una curiosità: Ta Nehisi Coates si è anche divertito a disegnare una mappa dell’immaginario territorio di Wakanda, per farlo si ispirò alla carta geografica della Svizzera.
Wildlife Photographer of the Year: la mostra al Forte di Bard

E’ il concorso fotografico dedicato alla natura più vecchio e prestigioso : Wildlife Photographer of the Year , nato nel 1965 con la presentazione di Sir David Attenborough.
Sarà il pubblico da casa a decidere il vincitore tra le 24 stupende immagini scelte tra le cinquantamila giunte da 92 paesi del mondo: il termine per partecipare è fissato per il prossimo 5 febbraio e si potrà farlo da questa pagina.
Sempre da febbraio 2018, presso il Forte di Bard, sarà possibile vedere le foto che hanno partecipato alla 53° edizione del Wildlife Photographer of the Year.